La dislessia questa “sindrome” che viene considerata a volte da persone poco informate una “scusa” per giustificare la mancanza di volontà e studio di alcuni ragazzi che non ottengono quindi i successi sperati dalle famiglie.
Difficoltà nella lettura, nella scrittura, nell’ortografia e a volte con i numeri e i calcoli, queste sono le “sintomatologie” che tutti conosciamo per definire questa sindrome.
Ci è molto meno noto che la dislessia si presenta anche con difficoltà di concentrazione, scarsa memoria a breve termine, scarsa coordinazione e l’incapacità di organizzare le proprie attività.
Inoltre non ci viene spesso detto che può essere genetica ed è più frequente nei maschi che nelle femmine.
DISLESSIA E MUSICA
Approfondendo il rapporto tra dislessia e musica le problematiche più evidenti sono:
- l’apprendimento della notazione musicale;
- la difficoltà di coordinare occhi e mani;
- la difficoltà di spostare lo sguardo dal direttore allo spartito se ci si trova in orchestra;
- la lettura a prima vista e/o la memorizzazione di un brano sia a livello ritmico che di decodificazione delle note sul pentagramma.
INSEGNANTE E ALLIEVO DISLESSICO
Forse sarebbe ora (in generale) ma, con particolare attenzione all’argomento di cui stiamo trattando, che gli insegnanti uscissero dal dogma:
“Io insegno perché so e tu devi imparare”.
L’insegnante, a volte, non si mette in discussione e non si preoccupa del perché un allievo non apprenda ma si pone solo dal lato valutativo ed è compito dell’allievo adeguarsi e trovare la soluzione alla sua “inettitudine”.
Pensate alle frasi che suonano nelle orecchie di genitori di ragazzi dislessici: il ragazzo non ha qualità, non sa leggere a prima vista, non si applica abbastanza!
E tu professore ti sei applicato abbastanza?
Hai provato tutte le strade per arrivare al tuo allievo?
Ti sei messo in gioco dall’alto del tuo pulpito?
Se provassimo a metterci nei “panni” dell’allievo cercando percorsi più efficaci e diretti anche se didatticamente non “accademici”?
Con una comunicazione diversa, metodologie di studio diverse, comportamenti diversi anche motivazionali e non solo denigratori, potremmo sicuramente abbattere un’inutile e invisibile barriera.
La soluzione: più fatti e meno parole per arrivare a un comune obiettivo:
condividere insieme la gioia del linguaggio universale
più bello del mondo: la musica
LA MUSICA AIUTA A MIGLIORARE LA VITA DI UNA PERSONA DISLESSICA
Ci sono poche cose che un dislessico non può riuscire a fare se sufficientemente determinato nel farlo.
Serve solo trovare la strategia compensativa necessaria e più adatta al caso e notare che spesso ci si trova davanti ad allievi che compensano alcuni “deficit” con un’altissima sensibilità musicale e una maggiore creatività.
La dislessia non è correlata all’intelligenza
E’ scientificamente dimostrato che la pratica musicale migliora notevolmente il ritmo di apprendimento di un dislessico, non solo nell’esecuzione musicale ma anche in tutti gli altri settori dello studio.
Questo anche per le persone non affette da questa sindrome.
Io ricordo con che facilità preparavo pagine e pagine di testi giuridici per preparare gli esami (ho studiato Giurisprudenza oltre a fare la pianista) rispetto ai miei compagni che non si erano mai avvicinati alla pratica musicale.
Un bambino che studia musica a scuola, se ci fate caso, avrà sempre una capacità logica e di apprendimento molto più rapida.
Purtroppo nelle scuole musicali italiane (se non in rari casi) navighiamo nel buio della notte riguardo a questo argomento sia a livello didattico che pedagogico.
Un bambino dislessico ha bisogno di comprensione e non di pressione.
L’insegnante dovrebbe porsi in modo positivo e lodare anche il minimo progresso del piccolo musicista ed evitare il rimprovero attribuendo le “eventuali mancanze” al fatto che “non ce la sta mettendo tutta”.
IL NOSTRO PROGETTO
Ad On Stage, in collaborazione con RUGGINENTI Editore, partiamo da settembre con un progetto dedicato a tutti i piccoli e non che desiderano vivere la musica a prescindere dalla loro “barriera invisibile”.
Si lavora in modo alternativo e soggettivo per arrivare a fare insieme quello che ci piace: cantare, scrivere una canzone o un’aria d’opera, suonare un brano al pianoforte, recitare un monologo…
Questa “metodologia anti barriere” parte da On Stage, come sempre scuola pioniera di nuove metodologie (“Oltre il Canto” ce lo insegna come metodo di interpretazione vocale unico in Italia) e anticonformista per poi arrivare in moltissime scuole italiane che siamo certi vorranno aderire a questo progetto.
Senza sfide non sarei mai stata una musicista… e tu accetti la sfida?
Il contenuto dell’articolo mi è stato ispirato da:
Musica e Dislessia